Le Scoperte
Il relitto di San Vito Lo Capo

Le ricerche archeologiche subacquee nel comprensorio di San Vito lo Capo sono state avviate nel novembre 1998 con una missione archeologica subacquea organizzata dal Gruppo d’Indagine Archeologica Subacquea Sicilia (GIASS) in collaborazione con la Sezione archeologica della Soprintendenza dei Beni culturali e ambientali di Trapani. A quella ricognizione parteciparono anche l’Associazione Marenostrum, l’Archeoclub d’Italia e la Stazione Navale della Guardia di Finanza di Palermo che mise a disposizione mezzi tecnici e parte del personale. I lavori erano mirati a riconoscere le tracce di una nave presumibilmente della prima Età Moderna (ma di cui non si conosce la datazione precisa) arenatasi presso la spiaggia di San Vito lo Capo e identificata più di dieci anni prima grazie alla scoperta di nove pezzi di artiglieria, tra cannoni e colubrine, e alla presenza di altro materiale ligneo. Nel corso della missione sono stati localizzati più areali dove si trovano reperti archeologici riconducibili presumibilmente alla stessa nave. Tra questi numerosi chiodi, una tavola di fasciame di legno e una lunga placca di piombo ovvero una lamina  ripiegata rinvenuta a 12 metri di profondità proprio di fronte allo stabilimento per la produzione del garum ( un condimento a base di interiora di pesce molto usato nell’antichità) sito all'interno della Tonnara del Secco, a Sud della baia; vi si leggono le lettere greche ΩΙΝΝΙΟΝΙ, da leggersi da sinistra a destra come ΙΝΟΙΝΝΙΩ, di Inoinnios, un termine forse originario della Tracia, connesso con la dea  Ιννα , il cui nome  significa “forza”.

Oltre a questo relitto di Età Moderna, nei pressi dell’affioramento roccioso “La Morsa” a poche decine di metri dall’imboccatura del porto di San Vito lo Capo, sono stati ritrovati numerosi reperti di un’imbarcazione databile tra il II e I secolo a.C. contenente anfore del tipo greco-italico e Dressel 1. E ancora sono stati raccolti numerosi frammenti di epoca medievale (XI secolo), tra cui un significativo esemplare d’anforetta miniaturistica d’argilla giallognola, di fine fattura. Le ricerche sono proseguite negli anni seguenti ad opera della Soprintendenza del Mare in collaborazione con lo I.A.S. (Istituto di Attività Subacquee), conseguendo risultati interessanti tra cui il recupero dei resti del relitto del XII secolo d.C. del Faro (iniziato già nel 1993), l’individuazione di vasti areali con presenza di frammenti di relitti di epoca romana e la localizzazione di luoghi di antichi ancoraggi con presenza di ancore di diversa tipologia ed epoca.

Nel corso delle varie operazioni di ricognizione sistematica sono stati identificati anche i resti di un singolare relitto il cui carico è costituito da macine in trachite vulcanica dalla forma e dimensioni estremamente rare per rinvenimenti effettuati in mare. Si tratta, infatti, di macine dal profilo ovale con le due estremità appiattite e sezione piano-convessa con spigolo più o meno pronunciato apicale. È una tipologia assolutamente assente nell’ambito del vasto campionario di relitti contenenti oggetti di questo tipo rinvenuti nel Mediterraneo, quasi sempre inerenti a tipologie ben note nel panorama romano di tale strumento (a tramoggia, con meta e catillo). La tipologia delle macine rinvenute a San Vito si rifà a modelli protostorici di origine orientale che potrebbero datarsi tutt’al più ai primi secoli del I millennio a.C. Non dovremmo essere lontani dal vero, dunque, se datiamo tali macine tra il X e l’VIII secolo a.C.

Insieme alle macine è stato individuato un altro reperto altrettanto interessante ed unico nel suo genere. Si tratta di due grosse barre di pietra pressoché identiche che dovevano costituire la vera e propria àncora della nave naufragata, una tipologia assai rara costituita dall’aggancio mediante cordami di due barre di pietra a croce, in uso in epoca protostorica ed arcaica. Per ultimo, non lontano dai suddetti reperti, sono stati localizzati parti di fasciame e chiglia in legno affioranti da macchie di posidonia che occupano a tratti il fondale sabbioso.