Oltre a questo relitto di Età Moderna, nei pressi dell’affioramento roccioso “La Morsa” a poche decine di metri dall’imboccatura del porto di San Vito lo Capo, sono stati ritrovati numerosi reperti di un’imbarcazione databile tra il II e I secolo a.C. contenente anfore del tipo greco-italico e Dressel 1. E ancora sono stati raccolti numerosi frammenti di epoca medievale (XI secolo), tra cui un significativo esemplare d’anforetta miniaturistica d’argilla giallognola, di fine fattura. Le ricerche sono proseguite negli anni seguenti ad opera della Soprintendenza del Mare in collaborazione con lo I.A.S. (Istituto di Attività Subacquee), conseguendo risultati interessanti tra cui il recupero dei resti del relitto del XII secolo d.C. del Faro (iniziato già nel 1993), l’individuazione di vasti areali con presenza di frammenti di relitti di epoca romana e la localizzazione di luoghi di antichi ancoraggi con presenza di ancore di diversa tipologia ed epoca.
Nel corso delle varie operazioni di ricognizione sistematica sono stati identificati anche i resti di un singolare relitto il cui carico è costituito da macine in trachite vulcanica dalla forma e dimensioni estremamente rare per rinvenimenti effettuati in mare. Si tratta, infatti, di macine dal profilo ovale con le due estremità appiattite e sezione piano-convessa con spigolo più o meno pronunciato apicale. È una tipologia assolutamente assente nell’ambito del vasto campionario di relitti contenenti oggetti di questo tipo rinvenuti nel Mediterraneo, quasi sempre inerenti a tipologie ben note nel panorama romano di tale strumento (a tramoggia, con meta e catillo). La tipologia delle macine rinvenute a San Vito si rifà a modelli protostorici di origine orientale che potrebbero datarsi tutt’al più ai primi secoli del I millennio a.C. Non dovremmo essere lontani dal vero, dunque, se datiamo tali macine tra il X e l’VIII secolo a.C.
Insieme alle macine è stato individuato un altro reperto altrettanto interessante ed unico nel suo genere. Si tratta di due grosse barre di pietra pressoché identiche che dovevano costituire la vera e propria àncora della nave naufragata, una tipologia assai rara costituita dall’aggancio mediante cordami di due barre di pietra a croce, in uso in epoca protostorica ed arcaica. Per ultimo, non lontano dai suddetti reperti, sono stati localizzati parti di fasciame e chiglia in legno affioranti da macchie di posidonia che occupano a tratti il fondale sabbioso.